Critiche

 

Massimo Pasqualone .
Gli sguardi prospettici di Mirta Maranca .

L’Indagine di Mirta Maranca è una ricerca che crea profondi crepacci nel fruitore delle sue visioni artistiche, crepacci innanzitutto ermeneutici, perché, direbbe Paul Klee, “l’Arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è ”.
Mirta Maranca parte da un assunto , dimostrato ampiamente dalla sua ultima produzione: l’artista gode di uno status privilegiato ma incarna una missione unica , il deposito generativo da cui egli trae l’entità visiva che dà vita alle sue opere .
In altre parole , e qui ci aiuta Mark Rothko, “l’arte è un’avventura in un mondo sconosciuto che può guardare solo chi ne assume il rischio .”
Un’avventura, oserei dire,in regioni e ragioni sconosciute dello spirito e del pensiero.
Mirta Maranca sa bene che l’artista assume su di sé il rischio di un’esperienza gnoseologica totalizzante , una sorta di sciamanesimo esegetico, un guardare al di là delle mode , delle convenzioni , dei falsi perbenismi , per svelare , interpretare , sviscerare quel quid che fa da squarcio e da varco alla incapacità di vivere , persino un perdersi per estraniarsi, come fa la Maranca con alcuni suoi momenti di profonda analisi dell’esistente .
Ansia ed inquietudine metafisica sono poi ulteriori momenti della sua ricerca , perché l’artista , novello palombaro dello spirito , si immerge nel magma della vita ,e, attingendo dal serbatoio dei ricordi , ci indica la via , chiaramente sui sentieri della bellezza .
Ma, è sempre più pesante questo carico ,
amica mia ,
senza nessuno che ti prenda per mano,
senza chi ti asciughi le lacrime
con un sorriso,
senza neppure uno straccio
di vita plausibile.
Ecco allora l’apertura all’alterità, all’altro forse Altro, a quel Tu che fa della
nostra vita un Noi, perché , direbbe il poeta
Sai, ho bisogno di te,
quando i naufragi
della coscienza
sconquassano
la calma navigazione della vita .
Di te ho bisogno,
dopo il diluvio
che si frange
Solo su di te mi appoggerò
E io mi salverò. Forse.
Una dialettica io- noi che pervade la sua indagine , in questo in questo viaggio dove
siamo solitudini accompagnate e dove se il viaggiatore è un naufrago,e
mutuo un pensiero a me caro ,il peso delle onde è la sua stessa salvezza,
quelle onde che lo aiutano, ricorda il poeta, a guardare le terre forse lontane
ma che lo portano anche verso la fine .
E’ evidente che altra cosa è il naufragio della coscienza e l’allegria del naufragio di leopardiana o ungarettiana memoria : la bellezza allora , è nel possedere l’Infinito,nella sensucht romantica,nella capacità di sorridere alle disgrazie da cui il naufrago è scampato.
Nel mare della vita, la tempesta che ha portato al naufragio sembra addirittura
Bella, quando si arriva alla quiete del porto .
Ed ecco allora la poetica del volto,quel confrontarsi con il volto dell’uomo e
delle sue storie ,che è costantemente un confrontarsi con il volto dell’altro che è
nell’espressione quotidiana di ogni uomo , nella dimensione dell’esistenza e
questo prezioso incontro- evento è sicuramente nel segno dell’Altro e degli
altri, in quella capacità di essere abitati dalla bellezza (non la bellezza dell’effimero dell’attimo e del momento).
E seppure l’esperienza del bello è impastata di malinconia , perché il bello ricorda agli abitatori del tempo
La caducità della bellezza stessa , in questo caso il bello diviene qualcuno, anzi
Qualcuno : Il volto dell’altro è, difatti, l’alterità che si fa Assoluto , infinito,
Eternità, come dicono le opere dell’artista che significano tutto questo.
E’ una bellezza che diviene idea, valore metafisico, bene o Bene .
E’ la bellezza dell’amore che tiene la morte appesa ad un filo,dell’amore che
sa sospendere la morte , dell’amore che dona il coraggio che non hai o che forse hai perso ,
dell’amore che Omnia Vincit.
Certo, direbbe la poetessa Sara Iannetti ,” cambiare le cose o le persone è un ambizione vana ,
esse non cambiano seguono la propria propensione naturale ma potendo mutare il nostro punto di vista
allora tutto cambia, senza sentirci soli o diversi,ma forse solo “ diversamente umani ”, così da rendersi unici
a noi stessi, perché amar-si è l’unico modo per essere amati ed amare “veramente”, e questo fa sgorgare , come in alcune opere di Mirta Maranca le lacrime,
lacrime che a volte si incontrano, come treni sui binari opposti,mai puntuali,sempre di corsa. Le nostre lacrime , sofferte, addolorate per il male del mondo,per il ridicolo della vita.
I nostri sorrisi, forse , si incontrano da un po’, forse millenni : sorrisi tristi di chi sa bene che la vita non è mai quella che si vede.
Le nostre mani si incrociano,cercando linfe vitali,energie che rinnovano,voglia di continuare a vivere.
Non si incontrano mai le nostre parole, invece, troppo legate alla mente e
Poco agli sguardi.
Ma non è necessario: ormai è il vento che ci porta direttive, al tramonto, sul far della sera,come il titolo di una sua opera,dove il silenzio domina queste atmosfere.
E l’artista Mirta Maranca sa bene che ci sono lacrime che liquefanno le anime ,altre che cementano i cuori.


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